Gentile Direttrice,
con riferimento alla bozza di articolato relativa all’aggiornamento dell’Accordo negoziale decentrato per gli operatori del Corpo di polizia penitenziaria trasmesso con nota n. 18869 Segr.AA.GG. del 22 u.s., al di là di alcune questioni squisitamente di merito e che, seppur assolutamente non condivise da questa Organizzazione Sindacale, attengono alla sfera prettamente contrattuale e su cui, dunque, cercherà di sensibilizzare gli attori anche al tavolo pertinente e dalle quali scaturirà, evidentemente, ogni valutazione circa l’adesione o meno a quella che sarà l’intesa finale, preme preliminarmente sollevare alcuni aspetti che afferiscono alla stessa legittimità dello stipulando Accordo e che se non riconsiderate costituirebbero persino un ostacolo alla prosecuzione del confronto.
Ciò premesso, va immediatamente segnalato che se questa Organizzazione Sindacale non avesse assoluta contezza dello stato di confusione che alberga nella Parte pubblica, sarebbe indotta a ipotizzare una crisi identitaria. Nel preambolo della bozza di cui si discute, vengono difatti citati sia l’articolo 3, comma 9, lettera c), ANQ vigente, che farebbe pensare a una sorta di declassamento della Direzione della Casa Circondariale di Vibo Valentia a sede non dirigenziale e che l’importanza e la storia dell’Istituto di certo non meriterebbero anche al di là di chi, pro-tempore, ne assuma la guida, sia l’art. 4, DPR n. 164/2002, che attiene invece agli stipendi (sic!) degli operatori dei ruoli non dirigenziali delle Forze di Polizia, quasi attribuendo alla contrattazione presso la sede vibonese poteri di modifica del c.d. “CCNL”.
Analogamente, sempre nel preambolo della bozza de qua, nei ”considerato”, viene inopinatamente riportato che “[…] pur contenendo l’A.N.Q. e il Protocollo d’Intesa Regionale, in via generale, tutti gli strumenti necessari per una corretta organizzazione del lavoro del personale di Polizia penitenziaria, occorre, comunque, tener presente la specificità della Casa Circondariale di Vibo Valentia, anche alla luce della nuova organizzazione del lavoro, […]” e, ancora, “[...] conseguenzialmente si rende necessario fissare delle linee guida ovvero i criteri generali per procedere a formalizzare correttamente gli accordi decentrati nelle materie indicate […]”.
Dal “combinato disposto” di ciò, al di là di una certa confusione, a dire il vero coerente con il quadro generale, fra le cause e l’effetto nel primo dei due “considerato”, si rinviene una sostanziale delegittimazione della contrattazione decentrata di sede, dapprima sostenendo che l’ANQ e il PIR conterrebbero, seppur in via generale, tutti gli strumenti necessari, per poi relegare lo stipulando accordo a mere linee guida per procedere a formalizzare correttamente gli accordi decentrati (?), come se con l’atto di cui si discute si dovessero individuare, appunto, le linee guida utili alla definizione di ulteriori e successivi accordi!
In proposito, si evidenzia, invece, che la contrattazione decentrata di sede è lo strumento principe, insostituibile e inalienabile per la definizione, in ambito locale, delle materie enumerate ai commi 7 e 8, art. 3, nonché all’art. 9, ANQ del 24 marzo 2004.
Ulteriormente, si segnala che l’Accordo decentrato che si sta innovando col negoziato in essere risale al 4 giugno 2006, poi modificato e integrato con quello del 16 aprile 2012 citato nel preambolo della bozza più volte richiamata, che a sua volta è stato ancora rivisitato con successivi accordi del 24 settembre 2014 e del 9 febbraio 2016.
Riguardo a ciò, anche allo scopo di non ingenerare confusioni attuative che potrebbero essere foriere di contenziosi futuri e in aderenza a elementari principi in tema di semplificazione amministrativa, si auspica che si proceda alla stesura di un testo coordinato che sostituisca e abroghi espressamente tutti precedenti. In alternativa, sarà comunque necessario citare indefettibilmente la totalità degli accordi innovati e quelli che cessano di avere efficacia.
Allo stesso modo, è imprescindibile che venga rivalutata e riscritta la parte afferente alle prestazioni di lavoro straordinario. È di tutta evidenza, infatti, che il lavoro straordinario non costituisca di per sé un vantaggio di cui “assicurare la fruizione”, ma – al contrario – un sacrificio da richiedere con modalità trasparenti e in equanime quantità esclusivamente a coloro che abbiano fornito preventivo consenso scritto (art. 10, comma 5, ANQ del 24 marzo 2004), salvo i casi di cui al 6° comma, art. 10, vigente ANQ.
Sempre in punto di legittimità, si evidenzia inoltre che quanto previsto all’ultimo periodo, 5° comma, del Capo E (“[…] e l’attribuzione di 1 punteggio aggiuntivo per ogni anno di espletamento di tali funzioni per almeno 45 giorni all’anno”) oltre a risultare indeterminato (“1 punteggio aggiuntivo” = quanti punti?), sproporzionato e incoerente anche con criteri generali che uniformano (o dovrebbero) pure l’Accordo in fieri e che vogliono che si raggiunga il punteggio rapportato a un anno per frazioni di esso superiori a sei mesi, confligge apertamente e incontrovertibilmente con il dettato della lettera B) della Nota Integrante del Protocollo d’Intesa Regionale del 3 novembre 2004, laddove è espressamente precisato che: “In questa sede si fornisce come unica indicazione quella secondo la quale la specifica precedente esperienza non dovrà costituire condizione preferenziale per l’accesso”.
Ancora, è palese che l’art. 9 dell’Accordo decentrato (“Impiego nei servizi, Turni festivi, Serali e notturni”), non possa limitarsi a un rinvio sic et simpliciter all’art. 9 dell’ANQ, atteso che quest’ultimo a sua volta, in più parti rimanda al “tetto”, alle “deroghe”, al “limite mensile” e all’“aliquota mensile” stabiliti in sede di contrattazione decentrata.
Si prega pertanto la S.V. di voler cortesemente riconsiderare tutti i suddetti aspetti e di voler trasmettere, con congruo anticipo rispetto alla prossima riunione negoziale già calendarizzata per il giorno 4 p.v., un nuovo testo che tenga debitamente conto di quanto evidenziato.
Nel merito dell’articolato, invece, al di là degli aspetti già ripetutamente segnalati e non condivisi da chi scrive, preme sottoporre all’attenzione della S.V., prim’ancora di farlo al Tavolo negoziale e con l’eventuale apporto delle restanti OO.SS., l’opportunità di prevedere per l’aliquota “autisti” (e ogni volta che si fa riferimento alle “patenti”) l’abilitazione alla guida degli automezzi del Corpo per la categoria pertinente (“D”) e non semplicemente il possesso della patente, che potrebbe essere confusa con la patente c.d. “civile”.
La stesura dell’art. 2 (“riposo compensativo”) risulta, anche per chi scrive, di difficile interpretazione e se ne richiede, pertanto, una redazione più intellegibile.
In ogni parte della bozza in cui si disciplina l’individuazione degli operatori che dovranno essere avvicendati negli incarichi e nei posti di servizio (cc.dd. “criteri d’uscita”) va precisato che la maggiore permanenza va calcolata facendo decorrere il dies a quo dal primo ingresso che abbia dato luogo all’impiego ininterrotto nel posto di servizio/incarico stesso fino al momento dell’avvicendamento (e non dunque circoscrivendolo all’eventuale ultimo periodo di reingresso consecutivo nel medesimo posto di servizio).
All’art. 6, lettera B), ai punti 5) e 6), relativi ai criteri di valutazione dei titoli per la compilazione delle graduatorie, sono stati ascritti una serie di parametri che risultano del tutto generici e soprattutto discordanti con quanto previsto dall’art. 9 del Protocollo d’Intesa Regionale, che però subito dopo viene confermato (“fermo restando i criteri indicati dal n° 1 al n° 9 del Protocollo d’Intesa Regionale, […]”); non è dunque affatto chiaro quale punteggio verrà riconosciuto in relazione ai titoli posseduti.
Ancora, sempre all’art. 6, alla lettera B, punto 6, si ripropone di prevedere che in caso occorra procedere ad avvicendamenti/implementazioni in posti di servizio per i quali le vigenti graduatorie siano a qualsiasi titolo esaurite o non redatte per mancanza di candidati, si proceda attraverso interpello straordinario, se del caso, e previo specifico accordo fra Amministrazione e OO.SS., anche con criteri e presupposti in deroga a quelli ordinariamente vigenti. Solo in caso di ulteriore assenza di richieste la Direzione dovrebbe poter agire d’autorità.
Ulteriormente, si segnala la necessità di esplicitare il rapporto fra quanto enunciato al 3° comma, lettera A), articolo 6 (”Al fine di offrire la massima opportunità a tutto il personale di ambire a cariche fisse, conferma la decurtazione di 1,5 (punti? ndr) ogni sei mesi di assegnazione ad ogni carica fissa, per un massimo di 5 anni”), con quanto riportato al punto 2, lettera B) dello stesso articolo (“Al personale addetto ad una carica fissa che intende partecipare ad altri interpelli per uffici, ai fini dell’inserimento in graduatoria, verranno decurtati per ogni anno di permanenza negli uffici, riferita all’ultimo quinquennio, un punto per ogni anno”). Non si comprende, ad esempio, se le due decurtazioni – di entità diversa – si sommino, etc.
Sempre con riferimento all’art. 6, lettera B), si evidenzia poi la necessità di sopprimere al punto 7) la parte successiva alle parole “… il punteggio da attribuire ad ogni anno di servizio è di 0.25 senza limite”, restando infatti impregiudicate le decurtazioni, che hanno una loro precipua quantificazione e non influiscono direttamente sul punteggio attribuito in funzione dell’anzianità di servizio, disciplinate dall’Accordo.
Infine, ma non per ultimo, si sottolinea la necessità che la S.V. trasmetta il verbale della riunione negoziale del 16 aprile u.s., citato nella bozza, mai reso disponibile per le OO.SS.
Per gli Uffici che leggono per conoscenza, si allega la nota citata in premessa.
Nell’attesa e con espressa riserva di integrare la presente anche in corso di riunione, molti cordiali saluti.