Un senso di incompiuto pervade oramai da diversi mesi gli operatori della Casa Circondariale di Catanzaro, i quali da tempo come il personaggio della commedia di Beckett ( Godot) attendono la stabilizzazione del personale(n. 35 unità) distaccato in occasione dell’apertura del nuovo padiglione – 4 piani con 8 sezioni , con scuole, cucine, colloqui, palestra, campo sportivo e tutte le altre attività del tutto autonome rispetto agli altri padiglioni esistenti-.
Stabilizzazione è un sostantivo che si traduce in benessere del personale, applicazione delle regole sottoscritte, significa certezza del diritto.
Pretese normali in un Paese normale.
L’unica certezza concretizzatasi con l’ultima mobilità del personale, è quella afferente la circostanza che l’Istituto di Catanzaro è stato invece defraudato di parte del personale di Polizia Penitenziaria ivi in servizio.
Difatti – il più grande e complesso Istituto della Calabria, per dimensioni, numero e caratura dei detenuti - quasi 700 – con la mobilità del personale si è visto ridurre in negativo il saldo del personale effettivamente a disposizione che da 318 è passato 300 unità.
In Italia, in Istituti simili vengono impiegate non meno di 400 unità di Polizia Penitenziaria.
Con l’apertura del nuovo padiglione erano state distaccate 35 unità che si sono ridotte a 17 con i recenti trasferimenti in uscita ( n°22 unità).
I pochi trasferiti in entrata erano già compresi nel numero dei distaccati –senza aver ottenuto alcun beneficio - ed appare ovvio di come sia diventato difficoltoso adempiere a tutti i compiti demandati con l’esiguo personale del Corpo rimasto.
Il paradosso diventa ancor più illogico se si raffronta alla circostanza che nel mentre si trasferiscono i detenuti pericolosi nel carcere di Catanzaro, macchiatisi del reato di evasione e mentre vengono attenzionati diversi detenuti per sospetto radicalismo islamico, si depotenzia il personale e dunque la sicurezza.
Giocoforza, non potendo garantire i livelli minimi di sicurezza, si teme non tarderanno a verificarsi quegli spiacevoli accadimenti – Rebibbia docet - che in questi giorni i mass media rivolgono ampia e spropositata attenzione.
Pur sottacendo sulle ragioni o sui torti del black out che è intercorso tra la periferia ed il centro in occasione della mobilità, resta il fatto che le gravi condizioni non tarderanno a diventare foriere di effetti nefasti.
Oramai non serve a nulla chiedere supporto per le traduzioni in ambito regionale - si pensi che sono stati richiesti 110 uomini, per 3 giorni di udienze nei Tribunali - senza vederne l’ombra di alcuno. Traduzioni che sono aumentate a livello esponenziale per la tipologia di detenuti che in maniera continua vengono trasferiti a Catanzaro.
Peraltro dovendo attendere alle traduzioni con personale dell’interno dell’Istituto si ottengono due risultati:
- si abbassano i livelli di sicurezza all’interno dell’Istituto privandosi di aliquote importanti di personale ;
- si abbassano i livelli di sicurezza all’esterno , atteso che le scorte vengono composte con i pochi uomini disponibili;
Sfugge comunque la ratio di questo strano rapporto di reciprocità “ per garantire un interesse ne viene calpestato un altro di pari importanza”. Al fine di garantire la presenza dei detenuti nei Tribunali o presso i Nosocomi, si deve comprimere o cancellare il diritto soggettivo del personale.
Purtroppo in tali condizioni lavorative, con turni massacranti e conseguente stress correlato al lavoro, difficilmente si potranno evitare ulteriori fatti imbarazzanti.
Non si può nemmeno sottacere quanto sta accadendo a Crotone, individuato quale Istituto a Custodia attenuata – con relativo personale, nei vari ruoli, proporzionato a tale tipo di modalità detentiva - e poi diventato in corso d’opera Casa Circondariale.
Sono aumentati notevolmente il numero dei detenuti mentre si è ridotto il personale che ad essi deve attendere. Con sole 4 unità nel turno notturno dovrebbe essere garantita la sicurezza dell’Istituto. Atteso che non vi sia un servizio medico articolato su 24 ore, diventa impensabile cosa accadrebbe in caso di accompagnamento urgente di un detenuto in Ospedale, semprechè non sia già accaduto!!!!!
Non si può sempre sperare che il senso del dovere e l’abnegazione possano riempire i vuoti lasciati da chi avrebbe il dovere di porre rimedio a situazioni drammatiche ed imbarazzanti.
Un Istituto penitenziario ha bisogno di certezze e non di “sperare nell’insperato” come ricordava Edgar Morin. Al di là della provocazione rimangono aperti problemi gravi che necessitano di ben altre attenzioni rispetto a quanto riservato sinora.
Pertanto si richiede un intervento urgente volto all’incremento delle unità disponibili presso i precitati Istituti onde evitare che fatti eclatanti possano riempire le pagine di cronaca dei famelici mass media.