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Calabria-             Com’è noto, già da diversi mesi l’Amministrazione penitenziaria è addivenuta alla fase attuativa del progetto di realizzazione dei circuiti differenziati regionali ex art. 115 DPR n. 230/2000 e di espletamento dell’attività di sorveglianza con modalità dinamiche.

Più o meno contestualmente, peraltro, a seguito della sentenza pilota della CEDU nota come “Torreggiani”, si è anche inteso procedere alla revisione delle modalità organizzative e gestionali al fine di

ricondurre la detenzione nei canoni di legittimità sanciti dalla Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo pure recependo alcune indicazioni fornite dalla Commissione presieduta dal Prof. Mauro Palma.

Tuttavia, gran parte delle più pregnanti direttive impartite in ordine alle predette materie (rectius: materia) con note e circolari anche del Capo del Dipartimento sono rimaste quasi del tutto inattuate negli istituti penitenziari della Calabria.

Difatti, mentre l’organizzazione complessiva dei circuiti penitenziari non pare aver trovato quasi per nulla quella differenziazione degli istituti, per graduarli in relazione alla tipologia giuridica e, prima ancora, al livello di concreta pericolosità dei soggetti e consentire anche l’adozione di modelli di sorveglianza dinamica – fatte le sole residuali eccezioni per una sezione detentiva presso la Casa Circondariale di Paola e la Casa di Reclusione di Laureana di Borrello –, le restanti disposizioni dipartimentali, ivi comprese quelle conseguenti alla c.d. “sentenza Torreggiani”, risultano applicate in maniera parziale e secondo un’interpretazione a dir poco distorta se non “personalistica”.

Ciò è peraltro testimoniato da una serie di ordini di servizio emanati nelle scorse settimane dalle Direzioni degli istituti penitenziari Calabresi che molto spesso paiono contenere disposizioni raffazzonate, frammentate e frammentarie e che peggiorano gravemente le condizioni operative e di sicurezza senza migliorare affatto, sotto il profilo sostanziale, quelle della detenzione.

In estrema sintesi, senza alcuna modifica alle modalità operative ed ai sistemi di vigilanza (salvo che nelle due residuali realtà a “regime aperto”), le Direzioni hanno – di fatto – esclusivamente ampliato il numero delle ore in cui alcune categorie di ristretti possono potenzialmente fruire di determinati servizi (passeggi, socialità e colloqui), senza incidere minimamente sull’offerta trattamentale e sulle misure di sorveglianza applicate ai singoli detenuti, che continuano a rispondere a concetti di vigilanza statica assicurata con la costante presenza fisica degli operatori di Polizia penitenziaria.

Addirittura, anche quando qualche Direzione aveva dimostrato seppur timide adesioni alla ratio ispiratrice del progetto dipartimentale emanando direttive che seppur incidentalmente apparivano idonee a sopperire parzialmente ai mancati adeguamenti strutturali alle previsioni del DPR 230/2000 e, nel contempo, a non gravare sul carico di lavoro degli operatori – come presso la Casa Circondariale di Catanzaro – pare che sia stata costretta ad una repentina marcia indietro per ordini imperativi del Provveditorato regionale.

Di conseguenza si può senza dubbio affermare che in Calabria, senza che siano stati significativamente elevati i livelli di civiltà della detenzione, si è aumentato il livello di inciviltà delle condizioni di lavoro. Chi pure a queste latitudini sperava fiducioso nella “rivoluzione normale” avviata dal DAP, si trova pertanto a dover fare i conti con un’”involuzione eccezionale” che in assenza di interventi decisi e risolutivi rischia di far precipitare la situazione complessiva, come dimostrano pure i focolai di protesta che pare si siano in qualche caso innescati fra la popolazione detenuta, anche se – per adesso – sopiti nel giro di poche ore.

Quel che preoccupa maggiormente, tuttavia, è l’assoluta riluttanza in qualunque sede penitenziaria della Calabria a porre al centro dei modelli organizzativi i diritti e persino la dignità degli operatori, che vengono quotidianamente mortificati pure da pratiche illegittime e talvolta fors’anche illegali.

Esemplificando, in tutti gli istituti penitenziari della Calabria può fra l’altro osservarsi:

  • La forte compressione di diritti costituzionalmente garantiti quali il riposo settimanale e le ferie annuali;
  • La mancata programmazione dei turni di servizio con anticipo che vada al di là di pochissimi giorni;
  • La mancata programmazione (consequenziale a quanto all’alinea precedente) dei riposi settimanali, tanto da vanificare anche il dettato di cui al 3° comma, art. 10, DPR 170/2007 e succ. modd.;
  • La modifica dei turni di servizio programmati (solo poche ore prima) senza alcuna comunicazione formale e talvolta neppure informale ai diretti interessati;
  • La compilazione, la modifica e la tenuta della documentazione pubblica riguardante il servizio degli operatori con modalità difformi anche dal dettato del Regolamento di Servizio;
  • La non “tracciabilità” delle ripetute e frequentissime variazioni apportate ai turni di servizio predisposti;
  • La predisposizione dei turni di servizio su tre quadranti orari giornalieri, con la previsione di lavoro straordinario programmato, spesso senza averlo neppure negoziato con le Organizzazioni Sindacali, anche presso la Casa di Reclusione di Laureana di Borrello e nella sezione della Casa Circondariale di Paola a “regime aperto” in cui la sorveglianza è realizzata con modalità “dinamiche” ;
  • Le traduzioni dei detenuti effettuate con scorte a dir poco risicate, quasi sempre anche con l’ausilio di operatori non addetti ai Nuclei Traduzioni e Piantonamenti ed in violazione del Modello Operativo di cui alla circolare del Capo del DAP n. 3643/6093 del 14 marzo 2013.

Si può dunque categoricamente affermare, senza tema di smentita alcuno, che in tutti gli istituti penitenziari calabresi il lavoro della Polizia penitenziaria continua ad essere (dis)organizzato secondo la logica dei posti di servizio fissi ed aprioristicamente individuati a prescindere dal numero degli operatori effettivamente presenti e che i carichi di lavoro – intesi come numero di turni lavorativi e carichi individuali – superano di gran lunga la soglia della forza disponibile.

Per tali ragioni, prima che gli effetti dello stato di cose sopra accennato porti a conseguenze non più recuperabili, si pregano le SS.LL. di voler intervenire con urgenza per quanto di rispettiva competenza al fine di procurare l’aderenza dei modelli organizzativi, gestionali e detentivi alle linee guida tracciate dal Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

             Nell’attesa, molti cordiali saluti.

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